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domenica 11 novembre 2007
Lavoro&Lavoro |
La precarietà lavorativa costituisce uno dei fenomeni sociali con cui giovani e lavoratori cosiddetti maturi sono costretti a fare i conti. Ne scaturisce un senso diffuso di "disagio" perchè la precarietà implica incertezza, insicurezza, mancanza di prospettive, incapacità di esercitare i propri diritti di "cittadinanza attiva". Le politiche poste in essere per contrastare il precariato non possono ripristinare lo "status quo ante", perchè è cambiato il sistema-paese, sono cambiate le relazioni imprenditoriali e istituzionali, è cambiato il lavoro inteso quale strumento di produzione di beni di primaria importanza. Effetto della globalizzazione, ma anche del consumismo culturale che induce al rifiuto di svolgere attività lavorative considerate poco gratificanti e socialmente non "apprezzate". Uno dei principali obiettivi della classe politica dev'essere perciò quello di intraprendere un processo riabilitativo e quindi di incentivo del lavoro rispetto a bisogni diffusi delle comunità e che allo stato è rifiutato dai cittadini italiani. Ciò richiede il riconoscimento della "dignità di ogni tipo di lavoro", a conferma che è sempre la cultura a svolgere un'azione propedeutica all'instaurarsi di nuove tendenze sociali ed economiche.
vcalifano@alice.it
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